Uno dei ruoli chiave di ogni insegnante consiste nel tirare fuori il meglio dai propri studenti.
Ma come si aiutano i ragazzi ad affrontare le paure che li bloccano e che impediscono loro di esprimere il pieno potenziale?
E quali sono i talenti che dovrebbe avere un professore per alimentare la propria autorealizzazione?
La capacità di entrare in connessione con le persone, l’empatia, la positività, l’intuito, il saper riconoscere in ognuno qualcosa di unico: queste sono le qualità che consentono al docente di capire qual è il bisogno di ciascun studente, così da aiutarlo a liberare tutte le loro capacità.
Molti ragazzi, infatti, si accontentano di ciò che la vita sembra avergli riservato, sia a livello di rendimento scolastico sia nelle relazioni con gli altri. Quindi, in che modo possiamo stimolare una nuova loro visione del sé e aprire le porte ad altre possibilità?
Secondo Nicoletta Romanazzi, che ha guidato molti atleti olimpici alla vittoria, se chiediamo agli studenti delle scuole medie quali sono i loro talenti, nella maggior parte dei casi non sanno cosa rispondere, convinti di non possederne nemmeno uno.
E questo perché siamo abituati a pensare che i talenti siano abilità straordinarie che hanno dei grandi artisti. In realtà, tutti noi siamo dotati di talenti, ma li diamo per scontati perché sono con noi sin dalla nascita, non ci siamo dovuti sforzare per svilupparli.
Prendiamo per esempio l’essere positivi: se un ragazzo è naturalmente incline all’ottimismo, non avendo fatto fatica ad acquisire questo talento, sarà portato a non considerarlo tale. Invece, andare incontro alla vita con positività può fare davvero la differenza nei risultati, specie quando riconosciamo quel talento e ci lavoriamo per svilupparlo.
Riconoscere le proprie capacità significa analizzare in profondità tutto quello che ci viene bene, che ci riesce con facilità. Prendiamo carta e penna e facciamo una lista dei nostri punti di forza, delle competenze che abbiamo, delle cose in cui siamo bravi dal punto di vista fisico o emozionale.
Pensiamo all’uso della voce, ad esempio, a quanto possiamo allenarla per esprimerci meglio, per cantare, per coinvolgere gli altri e aiutarli nelle difficoltà.
Quanti ragazzi, specie nella fase adolescenziale, odiano la propria voce e la considerano un difetto? E questo focus sui difetti ci viene inculcato fin da giovani, anche in classe, dove è più facile che emerga l’errore piuttosto che una cosa ben fatta: siamo abituati a pensare che quello che abbiamo fatto bene, magari lo avremmo potuto fare meglio.
“Abbiamo imparato a portare l’attenzione a tutto quello che manca,
mentre quello che c’è è tantissimo.”
– Nicoletta Romanazzi
Portare all’attenzione i nostri talenti, invece, aiuta a costruire, e poi a rafforzare, il nostro senso di auto-efficacia. Se i ragazzi riuscissero a celebrare i risultati, a stare nella soddisfazione di aver fatto qualcosa di buono, potrebbero portare a casa quello che c’è ora, che per l’appunto è tantissimo.
Continueremo a parlare con Nicoletta Romanazzi di come stimolare gli studenti e alimentare i loro talenti in occasione della tappa di Bari, venerdì 15 novembre, a Bari.
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