Essere adolescenti non è facile: cambiamenti fisici, ormonali, nuove responsabilità e aspettative che i ragazzi percepiscono dai compagni, dai genitori e dalla società. È un periodo di crescita in cui, sempre più spesso, lo studio incide in modo pressante sulla loro psiche rendendoli ansiosi e con un profondo senso di inferiorità rispetto a ciò che li circonda.
“Sarò all’altezza?”, “E se fallisco?” sono le domande che martellano le menti degli studenti, dovute in particolar modo al fatto che oggigiorno sembra contare maggiormente il risultato rispetto alla persona. Un senso di disagio, questo, che in aula può essere scambiato per svogliatezza poiché la scuola, secondo Alessandro D’Avenia – insegnante di lettere a Milano e autore di bestseller tradotti in tutto il mondo -, tende a basarsi “molto più sui programmi che sulle vite dei ragazzi”.
Gli adolescenti hanno fra le mani fragilità che non riescono a gestire, fragilità alle quali nemmeno gli adulti in alcune occasioni sono in grado di controllare, e così cercano di nasconderle con atteggiamenti di spavalderia, di chiusura oppure di placida indifferenza, anestetizzandosi al mondo circostante. È qui che entrano in gioco gli insegnanti, con il loro arduo compito di educatori e, al contempo, di mediatori tra le insicurezze degli alunni e i talenti che questi ultimi celano.
I ragazzi, però, non cercano “soluzioni perché la vita incombe e una soluzione non funziona”, ma desiderano “abitare quella condizione di fragilità”, aggiunge lo scrittore. Per questo è importante che gli si “faccia vedere il notturno della vita: perché è lì che si vede la luce”.
E chi meglio dei professori che giorno dopo giorno vedono gli studenti crescere, cambiare, maturare? È fondamentale andare oltre le nozioni accademiche, insegnare ai giovani che abitare quel “notturno” è giusto, umano, in quanto è in quel buio che è possibile trovare la felicità – che altro non è che la somma di “tantissime ferite”.
Essere fragili, dunque, non equivale ad essere deboli, bensì ad essere vivi ed è un messaggio difficile da trasmettere a chi cerca costantemente di dimostrare a se stesso, e al mondo, che nulla potrà scalfirlo dato che ormai è grande e le emozioni devono essere ben nascoste, vissute nel privato di una mente in subbuglio.
Un senso di inadeguatezza che, se non colto fin dai primi segnali, può tradursi in fenomeni di autolesionismo, disturbi alimentari e psicologici. Per questo, D’Avenia sottolinea come il momento più importante della giornata scolastica sia il momento dell’appello poiché è pronunciando il nome e il cognome dello studente che si riconosce in lui non soltanto un rendimento scolastico, ma soprattutto l’individuo che vive quel banco e che chiede di tornare “alla grandezza e alla sacralità della persona abbassando i toni sui risultati”.
Come aiutare gli studenti a superare la paura di fallire così da crescere antifragili: non vediamo l’ora di parlarne insieme ad Alessandro D’Avenia a EducAbility, l’evento dedicato a dirigenti e docenti di ogni ordine e grado per lo sviluppo delle life skills nelle scuole.
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