La scuola come luogo di vita: i valori della convivenza e del rispetto reciproco online e offline

La scuola come luogo di vita: i valori della convivenza e del rispetto reciproco online e offline

Si dice sempre più spesso che la scuola è un luogo di vita in cui studenti e professori vivono un’esperienza non in vitro, ma orientata allo sviluppo di competenze cognitive e di numerose life skills, che costituiscono il bagaglio completo verso la crescita.

Il cambiamento repentino che la società affronta quotidianamente stimola gli insegnanti ad acquisire sempre nuove life skills, al fine di essere una guida per i propri alunni. Essi, infatti, non sempre posseggono gli strumenti adatti per fronteggiare un mondo in continua evoluzione, dentro e fuori dalla scuola.

La psicologa e psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris, dal 1980 docente ordinaria di Psicologia dello sviluppo all’Università Sapienza di Roma, afferma che oggi un modello educativo per essere adeguato a queste necessità dovrebbe basarsi “sui valori della convivenza, della responsabilità, della collaborazione, del rispetto reciproco, della tolleranza”.

Per educare alla convivenza secondo Oliverio Ferraris è importante che lo studente sviluppi la capacità di relazionarsi in un “luogo, non un non-luogo dove si va perché si è obbligati”. Il “luogo”, infatti, non è soltanto un ambiente fisico, bensì identifica ruoli e identità, al contrario del “non-luogo” dove gli individui perdono temporaneamente la loro identità acquisendone una provvisoria.

Sentendosi parte del luogo, di una collettività nella quale possiede diritti e doveri che lo aiutano a rapportarsi con gli altri, il bambino percepisce proprio lo spazio dove entrare in contatto con i “diversi da sé”. È il modo in cui gli studenti, supportati dall’insegnante, imparano a conoscersi e a riconoscersi maturando sentimenti come quelli di empatia o di contrasto verso i compagni: ed è così che “ci si conosce uno per uno. Non ci si sente anonimi”. Dunque, considerare lo studente nella sua totalità, e non soltanto come alunno, facilita lo sviluppo della socialità col supporto della quale si rapporterà anche fuori dalle mura scolastiche. La metodologia migliore che i docenti sono soliti usare, affinché gli allievi siano accompagnati in questo processo di crescita, sono i lavori di gruppo: oltre a favorire l’apprendimento, il confronto che avviene fra i bambini, guidato dagli insegnanti, diminuisce il fenomeno del bullismo.

Proprio per la funzione educativa che l’istruzione assume, gli insegnanti educano anche quando non vogliono educare. Trasmettono messaggi educativi – o diseducativi – con la loro semplice presenza: il modo in cui si comportano, come si rapportano con i colleghi e gli studenti, rappresenta un punto di riferimento al quale lo studente guarda con attenzione.

I professori, quindi, insegnano soprattutto a comportarsi nella vita sociale di cui convivenza e rispetto reciproco sono alla base, ma non basta.

Anche al fine di contrastare i messaggi sbagliati dei media, “scuola e famiglia devono allearsi” nella costruzione di un progetto comune alla cui base c’è l’idea di comunità. A volte i genitori non scorgono i pericoli che si celano dietro a uno smartphone, vedendoci solo uno status symbol da regalare ai loro figli. Eppure essi entrano in contatto con un mondo senza filtri il quale provoca loro ansia acquisitiva, atteggiamenti narcisistici e, soprattutto, una grande difficoltà nel rapportarsi con l’altro nella realtà fisica (e non più virtuale). La scuola, quindi, ha l’ulteriore compito di fornire agli studenti dei punti di riferimento così da non perdersi nel pericoloso universo dei social.

Approfondiremo la scuola come luogo di vita con Anna Oliverio Ferraris a EducAbility, evento che promuove la cultura della crescita personale, elevandola a nuovo paradigma di pensiero.

Qui il programma completo.